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Il morbo di Alzheimer è un tipo di demenza invalidante che solitamente esordisce attorno ai 65 anni; si tratta di un disturbo neurocognitivo che è la causa del 65% circa dei casi di demenza. Questa patologia è piuttosto nota, tuttavia forse meno noto è il fatto che il rischio di sviluppare l’Alzheimer aumenta in caso di carenza di sonno.

Sulla possibile correlazione tra sonno e Alzheimer

La malattia di Alzheimer è stata scoperta agli inizi del XX secolo; dall’omonimo medico che per primo ne studio i sintomi. Tuttavia, nonostante siano passati più di 100 anni dal primo caso registrato, la ricerca medica ha solo formulato varie ipotesi sulle cause scatenanti di questa patologia, senza che fosse possibile ad oggi isolare un unico evento scatenante, o tanto più trovare una terapia efficace.

A Luglio sono stati resi noti i risultati di due ricercatori che potrebbero allargare il numero di fenomeni e cattive abitudini che possono essere attribuite all’Alzheimer. I dottori David Holtzman, dell’Università di Washington, e Jurgen Claasen, dell’Università Medica di Nijmegen, hanno guidato un gruppo di esperti in una ricerca che correla il morbo di Alzheimer al riposo. Riprendendo ricerche e studi precedenti che correlano la mancanza di sonno allo sviluppo di problemi cognitivi.

Il sonno e le proteine cerebrali da noi prodotte

In particolare Holtzman e Claasen hanno scoperto che anche una sola notte di sonno di bassa qualità, in individui sani, può causare un aumento di beta-amiloide. Una proteina cerebrale tradizionalmente associata alla malattia di Alzheimer. In caso di una settimana continuativa di sonno, oltre all’aumento di beta-amiloide, si ha l’aumento della proteina tau, anch’ essa abbinata ai danni cerebrali che causano l’Alzheimer e altre patologie neurologiche.

Lo studio ha coinvolto 17 individui adulti, in buona salute, con un’età media di 50 anni. A questi sono stati prelevato dei campioni di liquido cefalorachidiano, ossia il liquido che circonda cervello e midollo spinale. Confrontando i livelli proteici in tre diversi momenti: dopo una notte indisturbata, dopo una notte di sonno disturbato e dopo una settimana di sonno disturbato. Il picco massimo di valori di proteina tau è stato rilevato in coloro che hanno avuto il sonno disturbato per un periodo di tempo più lungo.

La deduzione logica ed immediata è che dormire meglio riduce i livelli di quelle proteine normalmente associate alle forme di demenza; come il morbo di Alzheimer.

Altri studi a riguardo…

Oltre a quella condotta da Holtzmann e Claasen, ci sono stati altre ricerche sulla correlazione tra il morbo di Alzheimer e il sonno. Uno studio della Baylor University, ad esempio, aveva già osservato che una corrette igiene del sonno aiuta i processi mnemonici e l’apprendimento fino ai 50 anni. Quando si raggiunge la terza età, al contrario, le ore di sonno diminuiscono (scopri quanto bisogna dormire leggendo questo articolo), ma questo non pare influire più sulle nostre capacità.

Il sonno ad onde lente, o sonno profondo, è in grado di aiutare la nostra memoria, fissando i frammenti delle esperienze del giorno. Per questo il sonno profondo è fondamentale per la nostra capacità di apprendimento e funzionale per alimentare la nostra riserva di conoscenze. Ad esempio dormire dopo aver appreso, tramite lo studio o la pratica, favorisce lo sviluppo delle spine dendritiche. Queste sono piccole sporgenze cellulari che favoriscono il passaggio di impulsi attraverso le sinapsi, migliorando la capacità del cervello di acquisire informazioni.

Di conseguenza, al fine di mantenere il nostro cervello giovane anche in futuro, è meglio fin da subito cercare di riposare bene.

 

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